La cosiddetta insulino-resistenza – o “resistenza all’insulina” – è una condizione patologica in cui le cellule non riescono a rispondere normalmente all’insulina, un ormone prodotto dal pancreas che aiuta a convertire gli zuccheri in energia. Si verifica quando i livelli di insulina rimangono elevati per un lungo periodo di tempo, facendo sì che il corpo perda la sua sensibilità verso tale ormone.
Il pancreas produce l’insulina quando il glucosio comincia ad essere rilasciato nel flusso sanguigno dalla digestione dei carboidrati e degli zuccheri semplici assunti con la dieta. Normalmente, questa risposta dell’insulina fa sì che il glucosio entri nelle cellule del corpo, permettendo il suo conseguente utilizzo come fonte energetica, ed al tempo stesso inibendo il corpo dall’uso di grassi per la produzione di energia, riducendo la glicemia e richiedendo meno insulina al pancreas.
Quando il corpo produce l’insulina in condizioni di “resistenza all’insulina”, invece, le cellule sono resistenti all’insulina e non sono in grado di utilizzarla in modo efficace, portando ad un elevato livello di zucchero nel sangue, o iperglicemia. Il pancreas aumentano in seguito la sua produzione di insulina, contribuendo ulteriormente ad un elevato livello di insulina nel sangue, o iperinsulinemia. Questo condizione spesso non viene rilevata in tempo e può contribuire allo sviluppo del diabete di tipo 2.
La resistenza all’insulina è fortemente associata con l’obesità e con altri fattori tipici della cosiddetta “sindrome metabolica” – sostanzialmente una condizione di pre-diabete, non a caso detta anche “sindrome da insulino-resistenza” – la quale, più che una singola patologia, è una condizione multi-fattoriale che aumenta la possibilità di sviluppare diabete (fino a 5 volte di più) e patologie cerebrovascolari e cardiovascolari (rischio doppio), ed in particolare infarto e ictus.
Tutti i pazienti che presentano la sindrome metabolica hanno un alto grado di resistenza insulinica, ovvero un’azione inefficace dell’insulina nel ridurre i livelli di glicemia nel sangue. La maggior parte dei pazienti è anche obesa o in sovrappeso e conduce una vita sedentaria. Lo stile di vita agisce spesso in maniera determinante nell’originare la sindrome attraverso una dieta errata, caratterizzata da una eccessiva assunzione di zuccheri, carboidrati semplici e proteine animali.
La sindrome metabolica è definita dalla presenza di tre o più delle seguenti condizioni o fattori: (1) obesità addominale (circonferenza vita > 102 cm negli uomini e > 88 cm nelle donne); (2) regolazione alterata della glicemia (glicemia a digiuno > 110 mg/dL o pregressa diagnosi di diabete; (3) trigliceridemia elevata (> 150 mg/dL); (4) colesterolemia HDL bassa (< 40 mg/dL negli uomini e < 50 mg/dL nelle donne); (5) pressione arteriosa elevata (> 130/85 mm Hg) o in trattamento ipertensivo.
La glicemia elevata è, come detto, per sua natura associata all’insulino-resistenza. D’altra parte, nelle meta-analisi effettuate su studi epidemiologici effettuati su partecipanti adulti di cui erano noti i livelli di glucosio nel sangue e di cui sono state valutate le diagnosi di cancro, un alto livello di glucosio nel sangue è stato associato ad un aumento del rischio di molti tumori solidi. Pertanto, fra rischio di diabete e di cancro, vi sono ottime ragioni per cercare di prevenire l’insulino-resistenza.
L’esercizio fisico aerobico aiuta a prevenire l’obesità ed anche a ridurne gli effetti nocivi, in particolare lo sviluppo della resistenza all’insulina, in quanto abbassa i livelli di tale ormone. Il suo ruolo nel prevenire il diabete è stato dimostrato in uno studio svolto su oltre 3.000 individui ad alto rischio per il diabete che hanno perso 12-15 chili e hanno percorso 150 minuti a settimana (cinque passeggiate di 30 minuti al giorno) per tre anni, riducendo il proprio rischio di diabete del 58%.
Anche la dieta è fondamentale per prevenire l’insulino-resistenza. Quando mangiamo cibi a base di zuccheri o ad alto indice glicemico (carboidrati raffinati, patate, etc.), sentiamo ancora più il bisogno di zuccheri, creando una sorta di “dipendenza” e instaurando un pericoloso circolo vizioso. Infatti, il senso di fame ci spinge a mangiare nuovi zuccheri o cibi raffinati, i quali a loro volta aumentano il livello di insulina inducendo ulteriore fame, e così via. Si deve dunque rivoluzionare la dieta.
In pratica, occorre eliminare dalla propria dieta gli zuccheri e le bevande zuccherate – o quanto meno ridurne l’uso al massimo, magari riservandolo a circostanze occasionali – e sostituire i cibi ad alto indice glicemico con cibi a basso indice glicemico, come i cereali integrali, i legumi, i semi oleaginosi, che fanno salire meno la glicemia e, soprattutto, molto più lentamente. Inoltre, è meglio evitare i cibi contenenti grassi trans, che aumentano la resistenza all’insulina e l’infiammazione.
Il ruolo dei cambiamenti nello stile di vita (dieta ed esercizio fisico) nel prevenire la resistenza-insulinica è innegabile, per cui è importante modificare le proprie abitudini. Tuttavia, un coadiuvante che potrebbe essere preso in considerazione – consigliandosi a riguardo con il proprio medico – è la metformina, un noto farmaco che abbassa i livelli di insulina nel sangue, ed è usata da ben 50 anni in medicina per la cura dei diabetici, e che si è rivelata anche abbassare l’incidenza del cancro.
La metformina può risultare utile in quanto: (1) riduce nel fegato la sintesi di glucosio da proteine e (2) perché aumenta la sensibilità delle cellule all’ormone insulina prodotto dal pancreas, ovvero riduce la resistenza insulinica: in altre parole, la metformina facilita il lavoro dell’insulina per fare entrare il glucosio nelle cellule, riducendo così la glicemia e richiedendo meno insulina al pancreas.