Il fatto che una cosiddetta “dieta ipocalorica” – cioè con un contenuto di calorie totali inferiore al proprio fabbisogno giornaliero – allunghi la vita è noto da tempo agli scienziati che si occupano dell’argomento.
La restrizione calorica, infatti, dilata l’esistenza in tutte le specie animali nelle quali è stata testata, mammiferi inclusi: dalle cellule di lievito ai vermi, dai topi ai cani. Ma la cosa ancora più incredibile è che la restrizione calorica, oltre ad aumentare la durata della vita, riduce le malattie senili: il cancro, le patologie cardiovascolari, e quelle degenerative come l’Alzheimer e il Parkinson.
Una riduzione giornaliera, ad esempio, del 30% delle calorie ha un effetto ritardante sull’invecchiamento del sistema immunitario e di altri sistemi, sia nei topi di laboratorio che nell’uomo. Le ricerche su topi e uomo sono interessanti, tuttavia questi organismi sono troppo complessi per permettere di identificare in tempi relativamente brevi i geni responsabili dell’invecchiamento.
Per questa ragione, alcuni ricercatori hanno iniziato a studiare l’invecchiamento dei lieviti del panettiere: semplici organismi monocellulari facili da modificare geneticamente rimuovendo o aggiungendo 1 o più dei loro circa 6.000 geni. Quel che si è trovato negli studi sugli animali è che una dieta povera di calorie attiva i geni della longevità e inibisce quelli dell’invecchiamento.
E la cosa funziona parecchio bene. Infatti, se un animale viene nutrito con una quantità di calorie inferiore del 30-40% rispetto a quelle che assumerebbe se avesse a disposizione tutto il cibo che desidera, può vivere un 30% di più nel caso delle scimmie (l’animale a noi geneticamente più vicino) e dei topi (anch’essi mammiferi), ma fino al 200% di più nel caso delle mosche e dei ragni.
Nel caso delle scimmie, oltre all’allungamento della vita, si assiste al dimezzamento dei tumori e delle patologie cardiovascolari. Pertanto, è ragionevole ritenere che anche nell’uomo meno calorie si traducano in vita più lunga e maggiore salute, come del resto confermato da alcuni studi retrospettivi effettuati su popolazioni che, per vari motivi, hanno dovuto abbassare l’apporto calorico.
Tuttavia, risulta evidente che una riduzione tout court del 30% delle calorie quotidiane assunte con la dieta è una soluzione troppo drastica per la maggior parte delle persone. Ciò non fosse altro per la difficoltà di dosare le calorie ingerite, a meno che non si faccia ricorso ad appositi software od a fogli di calcolo per stimare la quantità di calorie assunte in media giornalmente.
In questo senso, risulta molto utile la cosidetta “Dieta Smartfood”, una dieta “intelligente” e facile da seguire che prende il nome dal libro omonimo firmato da Eliana Liotta, giornalista e blogger, e validato scientificamente dai coautori Pier Giuseppe Pelicci, direttore della ricerca all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e Lucilla Titta, ricercatrice presso lo stesso Istituto.
Alcuni dei cibi della Dieta Smartfood, infatti, hanno la straordinaria proprietà di “mimare” gli effetti del digiuno, ovvero anche se li mangiamo è come se non li mangiassimo, facendo credere al nostro corpo che non stia mangiando granché. In altre parole, è come se restringessimo la nostra assunzione calorica e influenzassimo le vie genetiche che regolano la durata della vita, con i conseguenti effetti sulla nostra longevità. Pertanto, questi cibi sono detti “Longevity Smartfood”.
I Longevity Smartfood individuati dal gruppo di Pelicci sono quelli che contengono le seguenti molecole “smart”: la quercetina (presente in asparagi, capperi, cioccolato fondente al 70%, cipolle, lattuga); il resvetrolo (uva); la curcumina (curcuma); le antocianine (arance rosse, cavoli cappuccio rossi, ciliegie, frutti di bosco, melanzane, patate viola, prugne nere, radicchio, uva nera); l’epigallocatechingallato (tè verde e tè nero); la fisetina (cachi, fragole, mele); la capsaicina (paprika piccante e peperoncino).
Oltre alla Dieta Smartfood, per allungare la propria vita si può adottare, di tanto in tanto, un’altra dieta validata scientificamente: la cosiddetta “Dieta Mima-Digiuno”, messa a punto dal biochimico italiano Valter Longo, di cui parliamo in un articolo a parte e descritta in dettaglio nel suo libro La dieta della longevità. Longo è uno dei maggiori esperti – o “guru” a livello internazionale – di invecchiamento, ed è direttore dell’Istituto di Longevità alla University of Southern California, a Los Angeles.
Infatti, le ricerche di Longo hanno dimostrato che i topi che passano da una alimentazione ricca di calorie al digiuno risultano protetti dallo stress ossidativo. Ma soprattutto che questo effetto protettivo dura una volta che i topi riprendono la loro normale alimentazione. Ispirandosi a tali risultati, ha messo a punto una dieta periodica e di breve durata (4 giorni ogni 2 settimane per i topi e 5 giorni ogni 1-6 mesi per gli esseri umani) con una restrizione calorica parziale, semplice da seguire per le persone.
Sia la Dieta Smartfood che la Mima-Digiuno – peraltro perfettamente compatibili fra loro – sono preferibili a un’ipotetica dieta ipocalorica che qualcuno decidesse di “sperimentare” su se stesso ispirandosi a quelle sperimentate sugli animali. Infatti, sia gli esseri umani sia le scimmie, se vengono sottoposti a una restrizione calorica cronica, ovvero praticata per tempi molto lunghi, sono a rischio di effetti collaterali come deficit del sistema immunitario, alti livelli di stress, etc.