Sindrome metabolica e rischio di cancro

La cosiddetta “sindrome metabolica” – sostanzialmente una condizione di pre-diabete, detta anche sindrome da insulino-resistenza – più che una singola patologia è una condizione multi-fattoriale che aumenta la possibilità di sviluppare diabete (fino a 5 volte di più) e patologie cerebrovascolari e cardiovascolari (rischio doppio), infarto e ictus in particolare.

La sindrome metabolica è una condizione non solo sempre più diffusa in Occidente fra gli anziani – e con un’età di insorgenza sempre più bassa – ma risulta associata anche ad un maggior rischio di cancro e di altre importanti malattie croniche (ad es. l’artrite reumatoide, il fegato grasso, varie patologie degli occhi, etc.). Il rischio di cancro aumenta linearmente con la circonferenza della vita e con la glicemia, due dei principali fattori di rischio della sindrome metabolica.

In particolare, la sindrome metabolica può portare a: fegato grasso, che può evolvere in steato-epatite, cirrosi  e cancro del fegato; cataratte, glaucomi e retinopatie, il cui rischio di incidenza cresce in maniera lineare con il numero di fattori di rischio della sindrome metabolica che si hanno; iperplasia prostatica, un ingrossamento benigno della prostata la cui frequenza negli anziani aumenta di oltre il 25% in chi ha 4 o 5 fattori, ed è in tal caso accompagnato da un aumento del livello del PSA.

La sindrome metabolica è definita dalla presenza di tre o più delle seguenti condizioni o fattori: (1) obesità addominale (circonferenza vita > 102 cm negli uomini e > 88 cm nelle donne); (2) regolazione alterata della glicemia (glicemia a digiuno > 110 mg/dL o pregressa diagnosi di diabete; (3) trigliceridemia elevata (> 150 mg/dL); (4) colesterolemia HDL bassa (< 40 mg/dL negli uomini e < 50 mg/dL nelle donne); (5) pressione arteriosa elevata (> 130/85 mm Hg) o in trattamento ipertensivo.

Alcuni dei criteri di diagnosi della sindrome metabolica appena illustrati possono essere ulteriormente raffinati. Ad esempio, come misura dell’obesità addominale si può considerare il rapporto vita/bacino, che se è > 0,90 nei maschi e > 0,85 nelle femmine è un fattore di rischio presente. Mentre alla glicemia a digiuno si può affiancare o sostituire la misurazione nel sangue dell’emoglobina glicata (un indicatore del livello di “glicazione”): se è > 6,5 è anch’essa un fattore presente.

Tutti i pazienti che presentano la sindrome metabolica hanno un alto grado di resistenza insulinica, ovvero un’azione inefficace dell’insulina nel ridurre i livelli di glicemia nel sangue. La maggior parte dei pazienti è anche obesa o in sovrappeso e conduce una vita sedentaria. Lo stile di vita agisce spesso in maniera determinante nell’originare la sindrome attraverso una dieta errata, caratterizzata da una eccessiva assunzione di zuccheri, carboidrati semplici e proteine animali.

Nello studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), svolto su 500.000 persone, il rischio di cancro al colon è risultato aumentare progressivamente con i fattori della sindrome metabolica fino a diventare 2,5 volte superiore in chi ha 4 o 5 fattori. Inoltre, nella componente italiana dello studio, è stato valutato il rischio di cancro al colon in funzione del punteggio di dieta mediterranea: chi ha un punteggio elevato più che dimezza il rischio di ammalarsi.

Fra l’altro, nelle sperimentazioni cliniche, la dieta mediterranea si è dimostrata più efficace di una dieta a basso contenuto di grassi per ridurre i livelli di insulina nel sangue, che a loro volta sono legati al livello di glicemia, fattore-chiave della sindrome metabolica. Altre strategie per ridurre livelli elevati di insulinemia sono: rinunciare a zuccheri e cereali raffinati (ed ai prodotti che li contengono) e ridurre le proteine animali; preferire i cibi a basso carico glicemico; l’uso di opportuni farmaci.

Da altri studi effettuati in Italia, è emerso che le donne diabetiche si ammalano del 20% in più di cancro al seno rispetto alle non diabetiche, ma non quanto le donne con la sindrome metabolica (che si ammalano del 58% di più rispetto a chi non ce l’ha al momento del reclutamento), probabilmente perché i livelli di insulina sono più alti nel prediabete che nel diabete conclamato. Per di più, le donne con cancro al seno, se hanno la sindrome metabolica, presentano probabilità doppia di recidive.

Più in generale, come osserva l’epidemiologo Franco Berrino, “la stessa osservazione è stata fatta per l’insieme dei tumori in rapporto alla glicemia: l’incidenza nei diabetici non è così alta come l’incidenza in chi ha la glicemia alta ma non ha ancora il diabete. Il diabete, infatti, sopraggiunge quando il pancreas non ce la fa più a compensare la glicemia alta producendo sufficiente insulina”.

Il che fa capire come sia il livello di insulina – e non quello della glicemia – il parametro che più conta fra i due nello spiegare la maggiore incidenza del cancro fra chi ha il prediabete rispetto a chi ha il diabete (o non ha nessuno dei due). Non stupisce, quindi, che anche l’assunzione quotidiana di un noto farmaco che abbassa i livelli di insulina nel sangue – la metformina, usata da ben 50 anni in medicina per la cura dei diabetici – risulti associata a una minore incidenza di cancro.

Come spiega infatti Berrino nel suo ottimo libro Il cibo dell’uomo, “numerosi studi – anche se non tutti – hanno evidenziato che i diabetici trattati con metformina si ammalano meno di cancro, in particolare di cancro al seno, rispetto a chi è trattato con altri farmaci. La metformina – derivata da una pianta selvatica, la Galega officinalis, il cui principio attivo è la galegina, viene usata fin dal Medioevo per curare il diabete ma si stanno scoprendo solo oggi i meccanismi d’azione”.

Anche Enzo Soresi – già oncologo clinico presso l’Ospedale Niguarda ed autore del best-seller Il cervello anarchico – che sulla soglia dei suoi 77 anni ha deciso di condividere con il lettore alcuni trucchi per imparare a invecchiare bene, nel suo libro Mitocondro mon amour spiega al profano, senza tanti giri di parole, che “è proprio l’ormone insulina, finora considerato un semplice marker per il paziente diabetico, il maggiore responsabile coinvolto nella genesi dei tumori”.

Ciò indicherebbe nell’alimentazione ricca di zuccheri e di cibi raffinati la maggiore responsabile dell’aumento di tumori. Infatti, questi cibi ad alto indice glicemico – pane bianco, farina “00”, patate, etc. – aumentano il picco glicemico e la glicemia elevata stimola la produzione di insulina da parte del pancreas, che a sua volta aumenta la produzione di  IGF-1 (Insulin-like Growth Factor), uno dei principali elementi che stimolano la proliferazione cellulare, sia qulla fisiologica sia quella tumorale.



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